By Vittorio Marchis

Il dado, il filo, los angeles chiave, l’anello, lo specchio, il bottone e l. a. sfera sono cose semplici che incontriamo quotidianamente, ma di cui spesso ci dimentichiamo, perch? los angeles cultura contemporanea sempre pi? si lascia ammaliare dalla complessit? dei sistemi e dalla leggerezza delle realt? virtuali. Questo saggio, facendo il controcanto alle cinque Lezioni americane di Italo Calvino, esamina come le "cose semplici" di fatto spesso dimostrino l. a. loro importanza nella semplicit?, nella lentezza, nella pesantezza, nella singolarit?, nella stessa invisibilit?. Ma los angeles loro "consistenza" – questa appunto avrebbe dovuto essere l. a. sesta Lezione – risiede appunto nel fatto che los angeles loro forza, simbolica e reale sta proprio nel fatto che sono cose concrete, che tutti possiamo toccare, anche quando assumono un significato metaforico. I sette oggetti semplici avrebbero potuto essere accompagnati da molti altri esemplari, ma questo libro deve rimanere soprattutto uno stimolo affinch? si possa ricuperare una maggiore attenzione alla concretezza delle cose, che non ? solo importante quando sono riposte nelle vetrine di un museo di cultura materiale, ma perch? sono parte di noi. Letteratura e tecnica, arte e filosofia, musica e cronaca, ogni giorno dimostrano come queste "cose" siano le vere protagoniste di quella che i francesi chiamano civilization: l’Anello del Nibelungo, il Bottone di Pushkin, e il "dado brunelleschiano" sono soltanto alcuni esempi di come queste "cose" abbiano trovato un posto d’onore nella storia. E questo ? un libro in cui si raccontano tante storie, come le fiabe che introducono le nostre cose, in line with farci entrare nel loro mondo accompagnati dalla fantasia.

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E cosí farai infino a tanto che harai compiuta tutta la declinatione. Così Luca Pacioli scriverà nella Distinctio quarta. Capitulum tertium. 35 del Tractatus geometrie. Summa de Arithmetica et Geometria, Proportioni et Proportionalita Pars II, uscito a stampa nel 1494. E infatti Vitruvio spesso ritorna sull’uso della libella: per costruire le mura di una città (De Architectura, I, VI, 6), per disporre i mattoni a spirale nella costruzione delle colonne (De Architectura, III, IV, 5 e anche III,V, 8), per mantenere in piano i pavimenti (De Architectura, VII, I, 3), per costruire e mettere in esercizio una coclea di Archimede (De Architectura, X, VI, 1).

Sarà l’impiego delle macchine a vapore a rendere possibile una produzione di filo di ferro su larga scala. Altra è la storia del filo di ferro spinato, il barbed wire, come si chiamò oltre oceano, alla metà del secolo successivo. Questo filo, come afferma Razac 60 Storie di cose semplici una società che entrò in competizione con la ditta di Haish. 500. L’espansione dei coloni sulle terre ancora libere era stata favorita dall’Homestead Act del 1862 e successivamente dal Dawes Act del 1887; il primo riconosceva la proprietà di 80 acri di terra libera a ogni famiglia di agricoltori che la coltivasse, mentre il secondo estendeva il diritto di acquisizione anche alle terre dei nativi pellerossa.

Landriscina lo ritiene verosimilmente attribuibile a Mozart, a causa del ritrovamento di alcuni appunti relativi proprio a quest’opera. Si può perciò supporre che Mozart lo abbia scritto al tempo dell’infanzia, per proprio uso e divertimento, più o meno come molti bambini si fabbricano dei giocattoli. Così incominciano le istruzioni di questo “gioco”: Le 176 battute musicali sono divise in due tabelle (Zahlentafel) da 88 ciascuna, da destinare rispettivamente alla prima e alla seconda parte del Walzer (Walzerteil).

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